giovedì 25 aprile 2013

E SE UN GIORNO CI SI SVEGLIASSE E ........

L'inizio sembra un gioco, quasi un divertimento.
Poi se riesci a mettere da parte la stupidità
e entri in pieno nella parte che per tua fortuna,
al momento, devi solo recitare, cominci a
capire che il Mondo non è quello che sei abituato
a vedere, toccare e usare. Esistono
dimensioni diverse che non hai considerato e che non
comprendi proprio per la mancanza  di attenzione.
Abituati come siamo a correre, non vediamo chi accanto
a noi non può farlo ma si ingegna  per poter stare al nostro passo
e rendere la propria esistenza il più normale possibile.
Ma cos'è la "normalità"?
Vivere a cento all'ora la frenesia del momento o frenare
la corsa e "allungare" il momento  per farlo diventare un "tempo"?
Devo ringraziare chi mi ha offerto l'opportunità unica,
di riflettere su questi concetti in una  giornata per me particolare
anche per situazioni familiari. E forse, siccome niente avviene
per caso, questo insieme di incastri è servito per darmi la giusta
concentrazione per una  meditazione che mi consentisse di uscire
dalla mia dimensione per entrare in quella di chi
per forza e non per scelta si ritrova a combattere tutti i giorni,
ogni instante, con l'indifferenza  di una realtà che non vorrebbe subire.
Mi accorgo, che tutto diventa fatica, superare uno scalino di due
centimetri mi fa perdere la pazienza, anche la cosa più elementare
devi guadagnartela come quella di volere accavallare
le gambe e non poterlo fare se non ti aiuti con le mani.
Il cervello comanda, ma gli arti non rispondono.
Devi abituarti a ragionare in un modo diverso.
L'ambiente e il momento erano veramente particolari, la sala,
le note e l'atmosfera che si andava creando avevano un tono quasi
magico e non mi accorgevo di chi mi guardava con
curiosità o peggio ancora con compassione.
Inaspettato, ma desiderato ecco Lorenzo.
Mi guarda e scuotendo la testa comincia a darmi consigli su
come fare a muovermi senza rischiare di ribaltarmi.
Mi sono sentito un'imbranato!
Ci mettiamo vicini e cominciamo a parlare. La semplicità e la
tranquillità con cui mi racconta le sue disavventure in contrapposizione
alla sua voglia di vivere, mi commuovono.
Sento un senso di disagio, vorrei rimetterlo in piedi ma comprendo
che solo il Signore può compiere miracoli, e non solo riportando le
cose all'origine, ma facendo si che le stesse
se modificate possano ritrovare equilibrio e stabilità.
In quel momento ho compreso che cosa è la normalità.
Non esiste il "diversamente abile", ovvero "tutti lo siamo!"
La cosa che più mi colpiva erano gli sguardi e gli atteggiamenti servili
di chi incrociavamo, e rivivevo gli stessi comportamenti che anche io
adottavo in situazioni simili. Mi sono vergognato!
Una volta nella vita bisognerebbe provare tutti a scanbiarsi le parti
con quelle degli altri, vivere le loro necessità aiuterebbe a capire dove
non sbagliare e migliorare il quotidiano di tutti.
Ho voluto vivere quei momenti fino in fondo, e nel ritornare da solo
verso la macchina, mentre attraversavo quell'enorme piazzale sul porto,
mi sentivo indifeso e piccino e spingendomi con la carrozzina verso l'uscita
 guardandomi intorno, alzando  lo sguardo verso il cielo stellato
in parte coperto dalle nubi,  mi è venuto da pensare:
"Boia, e se comincia a piovere?"
Grazie ancora.
Andrea









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